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01 September 2016

Da Bologna all’Albania-Cronaca di una vacanza non prevista

Another article written by an Italian young woman, Antonella, traveling with her friends for the first time. She finds Albania to have beautiful beaches and very tasty organic food with affordable prices.
Enjoy! 

Chi l’avrebbe detto, anche solo un anno fa, che mi sarei ritrovata a lavorare in Albania? L’Albania…a due passi dall’Italia, ché se ti “affacci” dalla Puglia la vedi lì, dall’altra parte dell’Adriatico, e che qualcuno ancora immagina come il selvaggio “w”est! Be’, sì, a volte si vedono cavalli per le strade, ma trasportano tranquillamente merci e ortaggi, non sono lanciati alla carica! Sono lo specchio di un Paese che va a due velocità: da un lato i ritmi lenti di un mondo contadino, fatto di persone che si svegliano all’alba per raggiungere le città e vendere i prodotti che hanno coltivato nelle loro campagne, fortunatamente ancora genuini e biologici senza la pretesa di essere merce d’élite (sì, qua puoi comprare BIO senza dover scegliere se mangiare sano o pagare le bollette!); dall’altra parte automobili costose, grattacieli, imprese all’avanguardia, ragazzi/e che hanno studiato all’estero o nella capitale, Tirana, e che hanno portato una ventata di aria nuova, con lo sguardo caparbiamente rivolto all’Europa. In sei mesi qui ho capito che c’è ancora molto da fare per raggiungere i cosiddetti “standard occidentali”, ma più di una volta ho avuto modo di considerare che nei 25 anni che hanno seguito la caduta del regime comunista l’Albania si è mossa a grandi passi verso una democrazia che, se non ancora completamente matura, in termini assoluti regge bene il confronto con l’Italia.
Fino a qualche tempo fa solo pochi temerari si avventuravano da queste parti facendo il “salto” dalla Puglia o prendendo la via più lunga, attraverso la Croazia e il Montenegro. Io ho passato un mesetto del presente anno a tessere le lodi delle spiagge albanesi, della possibilità di fare vacanze low cost (retaggio da ex studenti squattrinati, ma che per noi funziona ancora, per piacere o per necessità!) e soprattutto di capretti arrosto e home made raki, e  ho convinto i miei amici a volare/navigare verso la Terra della Aquile (quanta poesia in questo nome!)
A nostra disposizione un’indistruttibile Mercedes del 1988, una grande casa di campagna in mezzo a un uliveto che si affaccia sul mare Ionio e un barbecue. Il segreto della felicità insomma! Il primo giorno l’Albania ha dato prova della facilità e della molteplicità di mezzi con cui può essere raggiunta: prima tappa aeroporto di Tirana per andare a prendere l’amica in arrivo da Bologna. Gli abbracci e i saluti ad altissima voce non hanno nulla da invidiare agli albanesi caciaroni: ci confondiamo bene tra i locals! Seconda tappa: porto di Durazzo, in arrivo da Bari sbarcano in due e stanno già progettando di continuare la vacanza con il gruppo di signori e signore albanesi di ritorno a casa per l’estate e che per tutta la notte gli hanno offerto cibo delizioso e li hanno iniziati alla raffinata arte del domino! Prendiamo in affitto un’altra auto (che ovviamente non ha nulla del fascino della Mercedes) e ci dirigiamo a Valona per incontrare un’altra amica. È arrivata il giorno prima ed è rimasta ospite in casa dei suoceri di suo fratello: sì, per ora l’impressione non è quella di essere in un altro Stato, ma di essersi spostati a solo qualche chilometro da casa, verso San Lazzaro di Savena!
La prima notte la passiamo in un ostello di Valona, allestito in una vecchia casa in stile coloniale a un piano, con un accogliente giardino e un albero di fichi dal quale attingiamo fino a stare male! Il proprietario è gentilissimo e la sua accoglienza ci lascia davvero senza parole. Ambiziosi progetti per il giorno dopo: svegliarsi alle 7 e andare all’isola di Zvërnec (leggi “Svernez”) per vedere il monastero bizantino del XIII secolo. Alle 9 ancora nessun accenno di movimento, la stanza è buia e io, con coraggio spalanco la finestra facendo entrare l’aria del mattino. Colazione a base di fichi (facciamo presto a dimenticare il mal di pancia della sera prima!), formaggio, cetrioli e pomodori. Foto di rito davanti all’ostello e via, alle 11 siamo in strada. Il ponte di legno costruito per raggiungere l’isola di Zvërnec, e che attraversa la Laguna di Narta, si interrompe a metà ed è necessario prendere una barca a remi,  ci sentiamo molto bucolici…! Dopo aver esplorato l’isolotto (una meraviglia! Avrei voluto avere più tempo a disposizione), ci rimettiamo in macchina con in mente il miraggio di Llogara e del delizioso yogurt di pecora del quale abbiamo sentito parlare. Gli amici italiani hanno qualche difficoltà a guidare per i tornanti che raggiungono il passo di Llogara – pivellini! – ma sono temerari e vengono premiati: lo yogurt non era una leggenda e delizia i nostri palati superando di gran lunga le nostre aspettative! Continueremo a parlarne nei giorni successivi, chiedendoci afflitti: “Perché, perché non ne abbiamo fatto una scorta??” . Ci fermiamo ad ammirare il panorama della costa ionica e davanti alle facce incredule dei miei amici io mi sento un sacco orgogliosa di poter dire che questa terra la sento già un po’ mia.
Arriviamo a Borsh che è già sera ormai. La prima cosa che vediamo è l’amaca tesa tra un albero di prugne e un ulivo nel giardino della casa che abbiamo affittato; facciamo a gara per accaparrarcela! Qualcuno progetta già di passare le vacanze là sopra. I più intraprendenti/iperattivi accendono il barbecue per la prima solenne grigliata; altri vanno a esplorare i dintorni e tornano indietro portando chili di fichi. Ancora?!
A meno di un chilometro di distanza, camminando lungo una strada sterrata che passa in mezzo a un uliveto e che condividiamo con greggi di capre curiose e qualche mucca poco amichevole e le loro cacche, c’è il mare: trasparente, calmo e pulito. Borsh non è ancora meta per i turisti internazionali ed è per questo che l’abbiamo scelta come base per la nostra vacanza. Noi però vogliamo esplorare e il giorno dopo andiamo a Porto Palermo, dove con occhio di lince una di noi vede una spiaggetta solitaria dal finestrino. Piantiamo l’ombrellone tutti contenti come fosse una bandiera! Abbiamo conquistato un pezzetto di paradiso: c’è l’acqua più trasparente e pulita che io abbia mai visto!
Al tramonto decidiamo di andare a vedere la fortezza di Ali Pasha a Porto Palermo, esploriamo ogni angolo del castello e quando la fame inizia a farsi sentire andiamo a colpo sicuro in un ristorante di Borsh che pare abbia dell’ottimo pesce e che ha i tavoli distribuiti su varie piattaforme ai lati delle quali scorrono cascatelle di acqua di fonte. Wow! L’acqua scorrendo fa rumore ma va bene uguale, basta solo urlare un po’ più del normale. Sembra di stare in mezzo alla natura.  Il cameriere è un simpaticone e vedendo la nostra indecisioni su cosa ordinare si siede con noi – nonostante il ristorante sia abbastanza pieno – e  inizia a decantare le lodi dell’orata alla brace. Non ci vuole molto per convincerci… “Shtatë koce!”. Cala il silenzio durante la cena: troppo impegnati a gustare il pesce squisito per poter parlare.
La mattina dopo la nostra meta è Qeparo. Passando dalle scale esterne di un hotel distribuito a gradoni su una collina (dopo aver chiesto il permesso alla proprietaria, cuoca, tuttofare della struttura), raggiungiamo un’altra piccola spiaggia nascosta tra due promontori pieni di piante tipiche del mediterraneo (io mi chiedo perché non sono ancora riuscita a veder fichi d’india però!). Il mare oggi è un po’ mosso, ma noi passiamo il tempo giocando a domino. Abbiamo pure imparato a litigare e sbattere le tessere (che però non fanno abbastanza rumore sugli asciugamani) come i vecchi signori albanesi che di solito si vedono giocare su qualsiasi superficie si presti allo scopo in mezzo ai parchi cittadini.
 La prima parte della vacanza passa così, tra spiagge segrete, mari cristallini, grigliate, un indefinito numero di bicchieri di raki, capre e piccoli maiali che vengono a farci visita nel giardino di casa e che noi immaginiamo cotti in varie salse…
Dopo cinque giorni è arrivato il momento di separarsi: due di noi prendono la via del ritorno, con un po’ di malinconia noialtri continuiamo la vacanza e ci spostiamo a Saranda per un paio di giorni. Dalla selvaggia e incontaminata Borsh arriviamo in una città piena di luci e rumori che nonostante il disastro edilizio fatto negli ultimi anni ha comunque un suo fascino. Passiamo il pomeriggio sulla piccola spiaggia della città alle spalle della quale il lungomare inizia a riempirsi di bancarelle di souvenir (tra di queste degna di nota è quella del signore che incide a fuoco ritratti di persone, donne nude e facce di Skanderbeg – l’eroe nazionale albanese – su pelli di capra!) e la sera andiamo al porto, nella punta estrema del golfo, a osservare le luci della città da lontano, sgranocchiando pannocchie arrostite, il must dell’estate (insieme allo yogurt di pecora e ai fichi of course)!
Meta del penultimo giorno è Ksamil. Dopo un pranzo degno di nota con ben quattro ore a mangiare pesce freschissimo, seduti in un ristorante (no, non abbiamo acquisito le usanze albanesi, anche gli italiani sono noti per i lunghissimi pranzi con numero indefinito di portate) affacciato su Corfù, scendiamo soddisfatti e con le panze piene in spiaggia. Sono le quattro di pomeriggio e la gente inizia ad andar via. Facciamo il bagno nelle acque calde di questo posto che ricorda davvero un atollo dei Caraibi e possiamo goderci una spiaggia semideserta approfittando delle sdraio per le quali ormai nessuno ci chiede di pagare. Furbissimi!
Il giorno dopo partiamo per tornare a casa. Ci fermiamo all’Occhio azzurro, Syri i Kalter in albanese. Una sorgente di acqua purissima che sgorga dal sottosuolo e che risalendo verso l’alto forma un fiume. È un posto magico e meraviglioso! Noi siamo coraggiosi e ci tuffiamo nel suo blu intenso e gelido!
Dopo la carica energetica che l’acqua freddissima ci ha dato, ci dirigiamo verso Gjirokaster per visitare il castello e scattare le foto del bellissimo panorama che si vede tutt’attorno e, ovviamente, sull’aereo americano posteggiato in cima al castello. Pranziamo in un piccolo mengjiesore gestito da due anziani signori: lei cucina e lui serve ai tavoli. Offrono semplici piatti locali: byrek, qofte, formaggio bianco tipo feta arrostito, tutto delizioso ed economico soprattutto. Insomma, il cibo è il leitmotiv della nostra vacanza!
Arriviamo a Elbasan che è sera inoltrata, ci aspetta una cena di benvenuto a casa dei genitori del mio ragazzo, nella migliore tradizione albanese le portate non si riescono a contare!
Il giorno dopo io rientro lavoro e i miei amici ne approfittano per esplorare Tirana prima di tornare in Italia. La città li entusiasma con i suoi colori, rumori, traffico pazzo e piramide e bunkers segni di quel passato non troppo lontano che affascina e incuriosisce chi viene dall’altra parte del mare.
Che dire? La vacanza migliore, più gustosa ed economica di sempre!

Argirocastro


acqua cristalina 

Blue Eye, Saranda, Albania


Zvernec, Valona
Scritto da Antonella, Bologna Italy 

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